Sinistra è Cambiamento parte da Milano

     
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Matteo Mauri, tesoriere del gruppo Pd alla Camera, tra i leader di Sinistra è Cambiamento, il gruppo nato dalle ceneri di Area Riformista, racconta ad Affaritaliani.it che cosa accade in Lombardia: “Partiamo da Milano. Martina sindaco? Lo escludo decisamente”.

Onorevole Mauri, avete fondato Sinistra è Cambiamento dopo lo strappo sulla fiducia di Bersani e Speranza.

Sì, esatto. Sinistra è cambiamento, con l’accento sulla è perché la nostra è una dichiarazione, è assolutamente assertiva.

In che senso?

Nel senso che storicamente la sinistra ha sempre rappresentato il cambiamento, soprattutto in una società che si trasforma velocemente come oggi questa caratteristica deve rimanere. Il tema è il saper interpretare valori di sinistra nelle trasformazioni della nostra società. La sinistra deve essere alla testa del cambiamento perché la sinistra è l’opposto della conservazione.

Sinistra è cambiamento è una minoranza interna al Pd oppure è una parte della maggioranza?

Assolutamente è una minoranza interna al Pd. E vorrei dire che noi non abbiamo cambiato la nostra impostazione. Abbiamo tenuti fermi due principi che già esistevano in Area Riformista: quello dell’autonomia e quello della responsabilità.

Iniziamo dall’autonomia.

Non vogliamo essere renziani della decima ora.

Quello della responsabilità.

Essere minoranza Pd non può voler dire sentirsi opposizione al governo. Noi siamo minoranza del Pd ma maggioranza di governo. La sfida del governo è la sfida di tutto il Pd perché tutti saremo misurati sul fatto di riuscire oppure no a fare due cose: portare il Paese fuori dalla crisi e cambiarlo in profondità.

Se voi avete rispettato i due capisaldi di Area Riformista vuol dire che Bersani e Speranza sono stati incoerenti?

Mettiamola così. Rispetto alla scelta che abbiamo fatto il non voto di fiducia credo cha abbia rappresentato una rottura evidente con quelle scelte. Abbiamo massimo rispetto per Bersani e Speranza, non cambiamo idea sulle persone. Il problema è che quella loro scelta io non l’ho condivisa, e come me non l’hanno condivisa tanti altri.

I numeri quali sono?

I numeri in Parlamento sono noti: siamo circa 50 alla Camera e 20 al Senato. Ma devo anche dire che dopo la presentazione di venerdì scorso abbiamo avuto grandissimi segnali di interesse sia al livello nazionale che sul territorio. Il segnale interessante e non scontato è che c’è spazio di allargamento per noi, e non per forza tra quelli che erano in minoranza. Anche perché abbiamo voluto segnare la nostra operazione non come una politica di palazzo ma come una operazione di cultura politica alta. Abbiamo scritto un documento politico con delle proposte, una impostazione chiara nero su bianco.

La prima iniziativa sarà a Milano. 
Esatto, venerdì 3 luglio alle ore 18 presso la Sala Pirelli del Pirellone. Insieme a me ci saranno Maurizio Martina, Cesare Damiano, Luciano Pizzetti, Paola De Micheli.

Perché Milano?

Perché Milano è centrale nel panorama politico. Ci sono le elezioni l’anno prossimo e soprattutto perché Milano è la città del cambiamento, a Milano storicamente nascono le trasformazioni e le cose più importanti. A Milano e in Lombardia noi vogliamo dare il primo segno di presenza.

A proposito di Milano: si vocifera di Maurizio Martina come possibile candidato sindaco.

Martina sta dando grandissima prova di governo, sta dimostrando le sue capacità, è diventata una figura di primo piano nel Pd ma mi sento di escludere categoricamente che si candidi a Milano.

A proposito di Milano, qual è l’impostazione giusta per condurre bene la campagna?

Partiamo dalla base: dobbiamo vincere il Comune e vincerlo su un progetto credibile e innovativo. E’ sbagliato ragionare di Milano partendo dalle candidature e dalle possibili candidature, o dai tecnicismi. Bisogna pensare a un progetto innovativo che parli alla città interpretato da una candidatura vincente, anche perché è evidente dopo le ultime amministrative che la vittoria non è scontata e che il centrodestra può essere molto competitivo. La situazione attuale, dove si rincorrono le voci, è molto rischiosa perché offre un’immagine caotica e disunita che rischia di non esser capita dai cittadini. Bisogna superare le legittime aspettative individuali per ragionare su un progetto comune.

©FabioAMassa

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