Maurizio Martina alla cerimonia inaugurale del 50° Vinitaly
Signor Presidente della Repubblica,
Autorità,
Gentili ospiti,
è un onore essere qui a celebrare con tutti voi un compleanno importante come i 50 anni di Vinitaly.
Oggi più che mai il vino è espressione compiuta dell’Italia tutta.
Nell’esperienza vinicola noi riconosciamo pienamente la ricchezza e la pluralità dei nostri territori oltre che l’abilità del nostro saper fare.
Si esprimono valori, si celebrano tradizioni.
Si costruisce ogni giorno un modello di sviluppo fondato su sostenibilità e innovazione.
Si curano ambienti e paesaggi.
Con i piedi ben piantati a terra e lo sguardo rivolto al mondo.
Basta fare qualche passo in una delle nostre cantine e respirare la loro atmosfera per capire la forza che esprimono.
Ecco perché la storia di questi anni del vino italiano è uno dei più potenti racconti che abbiamo per comprendere la forza del nostro paese.
Era il 1986 quando lo scandalo del metanolo rischio’ di compromettere per sempre la nostra credibilità.
Sembrava una crisi senza ritorno.
Quell’anno l’Italia reagì. Le due parole chiave del rinascimento furono qualità e controlli.
I produttori di vino iniziarono a investire ancora di più sull’eccellenza.
Anno dopo anno, i nostri vini scalarono le classifiche internazionali e oggi molti protagonisti di questa storia di successo sono in questa sala.
Molti altri di voi scriveranno ancora pagine importanti del nostro futuro.
Sempre trent’anni fa nacque l’Ispettorato repressione frodi del Ministero e il sistema dei controlli venne potenziato a tal punto da essere oggi un modello unico che fa scuola nel mondo.
A trent’anni di distanza viviamo un successo che non ha paragoni nella nostra esperienza agroalimentare.
Signor Presidente, noi siamo la patria della Biodiversità con oltre 500 vitigni coltivati.
Nessuno ne ha come noi.
Abbiamo un comparto da oltre 14 miliardi di euro, ma il cui valore va ben oltre il dato economico.
Proprio il vino, ovunque nei nostri territori, rappresenta un tratto identitario, storico e culturale.
È parte del nostro Dna. È una delle essenze dell’Italia che affascina il mondo.
Abbiamo raggiunto nel 2015 i 5,4 miliardi di euro di export.
Siamo tornati primi al mondo per quantità di produzione. Ma non basta.
La sfida dei prossimi anni dovrà essere vinta sul versante del valore della produzione e delle esportazioni.
Possiamo farcela.
Pensiamo solo che negli ultimi dieci anni abbiamo dimezzato il divario dalla Francia.
Oggi negli Stati Uniti vendiamo più di tutti e chi avrebbe scommesso nel 1986 su questo risultato?
Con questo Vinitaly noi dobbiamo avere l’ambizione di disegnare la nostra prospettiva per i prossimi 50 anni.
Dove vogliamo portare il vino italiano?
Noi siamo qui per contribuire a dare una risposta, stando al fianco dei produttori.
La qualità è oggi una premessa che non va mai data per scontata, ma sulla quale l’attenzione delle aziende italiane è massima.
Per vincere sul mercato, però, non basta più.
Servono nuove leve, c’è bisogno di crescere ancora nel coniugare tradizione e innovazione nello scenario globale che abbiamo davanti e che cambia costantemente.
800 milioni di persone nei prossimi decenni entreranno a far parte del ceto medio a ogni latitudine, con un impatto sugli stili di vita, sulle diete e sui consumi che è ancora sottovalutato.
Come parleremo a questi cittadini?
Una delle vie più dirette e senza confini è certamente quella della Rete.
Non dimentichiamoci che proprio nel 1986 succedeva anche un’altra cosa in Italia: arrivava Internet.
Un’innovazione che ha cambiato la nostra vita e il modo di fare impresa.
Io penso che la sfida digitale vi riguardi ancora di più da vicino.
Ecco perché nei prossimi giorni porteremo a confrontarsi con le nostre aziende vitivinicole gli esperti dei più grandi soggetti del web, provando a rendere evidenti le opportunità che si possono aprire, senza nascondere questioni delicate tutt’ora aperte.
Ma la frontiera digitale riguarda anche lo Stato.
A partire dalla tutela dei nomi geografici, lo strumento che è stato essenziale in questi anni per ribadire lo stretto legame tra qualità e territorio.
Il Barolo è un patrimonio, anche culturale, solo del Piemonte, solo dell’Italia.
E così tutte le denominazioni che abbiamo e che ci fanno unici e distintivi.
Ecco perché siamo gli unici al mondo ad aver chiuso accordi con piattaforme internazionali del web per garantire ai nostri marchi geografici la stessa tutela dei grandi brand commerciali contro il falso.
Ma la sfida digitale riguarda anche un nuovo modo di vivere il rapporto tra impresa e pubblica amministrazione.
Ecco perché siamo attivi sul fronte della semplificazione come dimostra pure l’attivazione del registro telematico del vino.
Un passaggio che ci porterà ad essere l’unico Paese al mondo ad avere dati sulla produzione vinicola in tempo reale.
E dopo anni di discussione questa settimana è stato anche approvato il Testo unico del Vino in Commissione Agricoltura alla Camera.
Anche qui, un passo fondamentale per tagliare burocrazia, riorganizzare, e dare riferimenti certi a chi ogni giorno lavora in questo settore.
Ma non c’è futuro senza innovazione e siamo a un bivio anche su questa frontiera.
Dobbiamo essere orgogliosi degli scienziati italiani che hanno sequenziato il genoma della vite e orgogliosi del fatto che proprio una nostra università (quella di Udine) abbia recentemente iscritto dieci nuovi vitigni resistenti.
Il piano per la ricerca pubblica in agricoltura che abbiamo fortemente voluto al ministero svilupperà ancora di più e sempre meglio proprio lo studio della vite e tecnologie sostenibili a tutela della nostra biodiversità da malattie e cambiamenti climatici. Noi ci siamo e faremo la nostra parte ancora anche sul versante dell’internazionalizzazione.
Come è avvenuto in questi mesi con il piano straordinario del Made in Italy e con l’approvazione, tanto attesa, dell’OCM promozione.
Come è avvenuto con Expo 2015 che ha visto innanzitutto le esperienze agroalimentari italiane fare squadra, come mai avvenuto in passato.
Signor Presidente, cari ospiti,
Sono sempre più convinto che l’agroalimentare sia un protagonista decisivo del nuovo modello di sviluppo italiano. Genera nuova economia e occupazione.
Ma fa crescere anche una nuova società: lo vediamo bene in particolare con il ritorno delle giovani generazioni a queste esperienze. Occorre insistere.
Occorre crederci e investire ancora.
Io chiedo al mondo del vino italiano di guidare, insieme a noi, questa stagione. Siate ancora protagonisti per i prossimi cinquant’anni.
Un mio conterraneo, un grande come Luigi Veronelli, diceva che “Il vino è il canto della terra verso il cielo. Ha i suoi tenori e i soprano, contadini e contadine che lavorano le vigne, con tutta la fatica, l’intelligenza e la passione che vigna e vino esigono”.
Ecco, questo canto siete voi.
È l’Italia del vino.